Il Collegio Militare di Verona, per le sue relazioni scientifiche con l'Università di Padova, per l'indole e la nazionalità di taluni suoi insegnanti, si prestava anzitutto da buon crogiuolo delle nuove idee ed a propalarle nell'esercito. Fino dal 1764 si lamentava infatti dal Savio alla Scrittura, che tra i giovani dell'istituto serpeggiassero «dei mali principi, pregiudicievoli alla buona morale, molto più ancora contaminata dalle massime di libertà che vien fatto di credere che si siano nel Collegio disseminate».
Tale sospetto motivò un'inchiesta, eseguita dal Savio alla Scrittura Marco Antonio Priuli, la quale accertò che tre ufficiali capisquadra del Collegio, «consumavano il loro tempo con la lettura di romanzi e di libri oltramontani, dei quali contribuiscono pure i giovani, avendosi giurata deposizione che si fossero vedute nelle mani di qualche alunno le opere di Volter (sic), e venendo perfino introdotto il sospetto che si leggessero quelle ancora di Niccolò Macchiavello»74.
Gli ufficiali modernisti vennero sfrattati dal Collegio di Verona, e la mala pianta delle idee novatrici pareva del tutto spenta quando, nella primavera del 1785, vi si scoperse una loggia di Liberi Muratori, fondata da Giovambattista Joure, maestro di lingua francese nell'istituto, allo scopo di diffondere tra i futuri ufficiali veneti i principi delle nuove dottrine liberali, e «di restituire alfine l'uomo alla prisca libertà naturale, da cui la teocrazia ed il principato lo avevano allontanato»75. A questa loggia «muratoria» militare deve avere partecipato molto probabilmente anche il colonnello Lorgna - poichè le adunanze degli affigliati si tenevano in certe camere dal medesimo occupate in Castel Vecchio - e, certamente, non pochi ufficiali della guarnigione di Verona appartenenti al corpo di artiglieria, come risulta dagli interrogatori del processo, nei quali sono spesso citati il maggiore alle fortezze Solidi e l'alfiere conte Rambaldo, da Legnago 76.
Scoperta l'associazione, gli Inquisitori 77 sfrattarono subito il maestro Joure dagli Stati Veneti e sbandarono gli ufficiali ascritti alla loggia di Verona in diverse guarnigioni di terraferma ed oltremare. Nullameno, i germi diffusi dal Joure nel maggior istituto militare della Repubblica lasciarono traccia oltre al rogo dei libri e dei registri della loggia ordinato dagli Inquisitorì, ed essa traspare nel continuo fermento cui andò soggetto il collegio, da quell'epoca fino alla violenta sua soppressione accaduta per opera del generale Rampon, a metà luglio del 1796. Il desiderio di riforme era dunque la spinta principale di quei moti, intesi «a sovvertire l'attuale spirito di concordia, di pace e le leggi della sottomissione e del buon ordine che furono naturalmente stabilite» e di realizzare infine «delle novità nei metodi nello insegnare... non volendo ufficiali ed alunni più vivere soggetti»78.
Pure anche questi germogli di giacobinismo, cresciuti come pianta sporadica all'ombra delle torri merlate del castello Scaligero di Verona, dovevano un giorno tornare utili alla Repubblica79. E ciò avvenne quando si trattò di spedire i primi messaggeri di pace al generale Buonaparte, sotto Brescia; messaggeri che il Senato volle servilmente prescelti fra gli antichi allievi del Collegio Militare veronese, nella speranza che il ricordo delle relazioni «muratorie», perseguitate un tempo e ritornate in onore per la circostanza, valesse a propiziare loro ed alla Repubblica l'animo del conquistatore80. E questi ufficiali furono il colonnello Giovanni Francesco Avesani ed il capitano Leonardo Salimbeni, inviati il 27 maggio 1796 a Brescia con il mandato di implorare grazia da Buonaparte per l'avvenuta occupazione di Peschiera, fatta pochi giorni avanti di sorpresa dagli Austriaci.
.( così Eugenio Barbarich da Google http://www.intratext.com/IXT/ITA2690/_P6.HTM.).
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